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Published on gennaio 18th, 2018 | by Antonio Ciccotti

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Lista del Popolo Firma Day Napoli

Venerdì 19 gennaio – Ci sarà il “Firma Day” in Campania, per la Lista del Popolo per la Costituzione con Antonio Ingroia.26169126_161148064521741_517630026430658161_n

Domani  presso Monidee cafè, piazza Trieste e Trento, n.6 ,dalle  ore 14-16.00 ci sarà il firma day della Lista del Popolo il nuovo movimento politico fondato da Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa .

APPELLO URGENTE AI CERTIFICATORI “AMICI”.
di Giulietto Chiesa

Amici della democrazia. La Lista del Popolo, che ho contribuito a formare, sta cominciando a raccogliere le firme, su scala nazionale, per poter accedere alle elezioni.

Ho già detto, e ripeto, che si tratta di una truffa ordita ai danni dei cittadini italiani. Anticostituzionale, mentre la Corte Costituzionale dorme e il Presidente della Repubblica avalla e tradisce il popolo.

Ma adesso c’è bisogno di certificatori delle firme.

È un’altra trappola da superare.
Chiedo a tutti coloro che sono, da questa legge-colpo di stato, abilitati, autorizzati a certificare le firme.

Si tratta di notai, di avvocati cassazionisti, di sindaci, consiglieri comunali, funzionari abilitati alla bisogna da autorizzazione del sindaco, cancellieri delle preture, giudici di pace.

Chi tra voi ha una di queste qualifiche mi scriva e mi faccia sapere dove, quando è disponibile a darci una piccola parte del suo tempo.
Non abbiamo soldi per pagare.
Ma noi stiamo combattendo, contro il tempo e in ossequio di una legge vergogna, per difendere la democrazia di tutti.

Fatevi vivi, rispondete.
Un popolo di pecore non può che avere un governo di lupi.

ECCO IL PROGRAMMA ELETTORALE DELLA LISTA DEL POPOLO PER LA COSTITUZIONE : 

UNA COSTITUZIONE VIOLATA
La Costituzione Italiana ha instaurato un nuovo patto sociale, politico ed economico, ispirato agli alti ideali della partecipazione, della pace, della difesa dei beni comuni, della dignità della persona e del lavoro, della funzione sociale della proprietà e del primato della Repubblica nella gestione del credito e nei settori strategici per l’interesse nazionale.
Questa alta visione dello Stato sociale, dell’uomo e della civiltà fu presto sopraffatta insidiata dalle avanguardie del pensiero unico globale, che già all’indomani del drammatico conflitto mondiale iniziarono una lenta opera di aggressione delle libertà dei popoli e delle loro prerogative costituzionali. Lo fecero con la manipolazione dei mercati, con le privatizzazioni selvagge, con l’impiego del debito come strumento di governo, con la menzogna dell’austerità, ma lo fecero anche estendendo il neoliberismo mondialista alle fonti energetiche, alla manipolazione genetica, al controllo dell’informazione, alla cultura, alle arti ed agli stili di vita.
La Costituzione italiana è dunque inattuata, contraddetta nei suoi principi ispiratori e violata in molti articoli fondamentali. Ne hanno fatto scempio tutti i partiti, in combutta con le oligarchie finanziarie.
Il 4 Dicembre 2016, la grande maggioranza del popolo italiano, nonostante lo sbarramento della comunicazione oligarchica, pubblica e privata, ha difeso la Costituzione democratica, e ha battuto i responsabili della crisi economico-sociale del paese con la forza della partecipazione. Dopo diversi colpi di mano, Governo, partiti e movimenti, benché figli di una legislatura incostituzionale, hanno varato una legge elettorale a loro misura, lesiva dei diritti dei rappresentanti di proposte politiche alternative.
Si va a votare, quindi, con lo stesso spirito con cui s’è votato al referendum del 4 dicembre 2016, per difendere ed attuare la Costituzione!

UN’ALLEANZA DELLA SOCIETA’ CIVILE

“Lista del Popolo” è un programma politico. Noi non facciamo parte del coro ipocrita dei lamenti contro il “populismo”. È in corso una rivolta del popolo, sacrosanta e crescente. La sovranità è stata lesa e dev’essere ripristinata.
“Lista del Popolo” si rivolge, in nome dell’unità nazionale, a tutte le componenti essenziali, politiche, religiose, culturali e morali del Paese, quelle che, appunto, hanno dato vita alla Costituzione.
“Lista del popolo” è un’alleanza della società civile, non un partito, costituita da donne e uomini coraggiosi — perché cambiare questo paese richiederà coraggio — con diverse storie e provenienze, fuori dalla corruzione, competenti e onesti. Chi la sostiene s’impegna solennemente ad attuare il programma qui esposto, pur mantenendo le proprie idee là dove esse rimangano al di fuori dell’intesa programmatica comune.

RIPRISTINARE LA SOVRANITA’ NAZIONALE

Ripristinare la sovranità nazionale implica alcune scelte necessarie:
1. Rinegoziazione e – se impraticabile – recesso unilaterale dai Trattati europei che violano la Costituzione;
2. Trasformazione dell’Italia in paese neutrale, al di fuori di ogni blocco militare e al servizio della pace, all’interno delle norme della Carta dell’ONU, ponendo fine allo stato attuale di paese subalterno, liberata dalle bombe atomiche in base al Trattato di non Proliferazione Nucleare, che ha ratificato ma che non rispetta. Distensione e/o collaborazione con paesi non allineati e fuori dal blocco NATO, anche guardando ad alleanze geopolitiche con i partner commerciali naturali dell’area eurasiatica. L’Italia non ha nemici, non vuole imporre sanzioni e intende restare fuori dalla guerra;
3. Difesa del principio di autodeterminazione dei popoli, contro ogni deriva mondialista, facendo del diritto di ogni popolo a controllare il proprio destino il principio ispiratore generale della politica estera italiana (art. 2, punto 7, Carta ONU).

L’EUROPA DEI POPOLI

Non siamo anti-europei. Tuttavia, siamo consapevoli che questa Europa, dentro l’architettura disegnata da questi Trattati Europei e da queste istituzioni europee, è irriformabile. Perciò vogliamo che l’Italia contribuisca a creare una nuova entità europea capace di svolgere un ruolo cruciale in un mondo multipolare in difesa della pace. Se isolati, gli attuali stati europei saranno travolti dall’azione dei giganti mondiali, senza poter opporre resistenza. Perciò:
1. Vogliamo un’Europa democratica dei Popoli. Ogni limitazione della sovranità nazionale dovrà essere subordinata alla assoluta ed effettiva parità di tutti i contraenti e in nessun caso dovrà essere realizzata a spese delle garanzie previste dalla Costituzione (art 11 Cost.);
2. Occorre una nuova Costituzione europea, redatta da una Assemblea Costituente (Padri Costituzionali eletti dai cittadini europei), ispirata ai principi originari del diritto naturale e romano che sono fulcro essenziale della rinascita dello spirito europeo, da sottoporre mediante referendum popolari all’approvazione dei cittadini, liberi nel pieno esercizio delle prerogative costituzionali e della propria sovranità nazionale.

USCIRE DAL DEBITO RIPRISTINANDO IL CONTROLLO SUL CREDITO

Oggi al Tesoro viene impedito (per Trattato) di accedere alla BCE, non può ricorrere ai mercati se non sotto i diktat delle agenzie di rating e, soprattutto, non può inserire nuova moneta «sovrana». Questo effetto combinato del Fiscal Compact e dell’uso di una moneta-debito ha fatto perdere quasi il 10% di PIL dal 2008 ad oggi. Dunque, il Tesoro può spendere solo quello che incassa dai cittadini sotto forma di imposte (€789 miliardi nel 2016) al netto della spesa per interessi passivi (€66 miliardi).
Viene nascosto alla popolazione che in realtà in un sistema di moneta-debito come è l’Euro, il debito pubblico non è altro che l’equivalente della moneta in circolazione e che non può esservi crescita del sistema economico senza crescita del debito.
Dunque, un’economia in crescita deve necessariamente produrre deficit e debito, ovvero deve richiedere un’espansione della spesa in maniera da immettere nel sistema economico una quantità di liquidità maggiore rispetto a quella prelevata, così da permettere il regolamento di un maggior valore di scambi e quindi di PIL.
E qui sta l’inganno del paradigma neoliberista: l’aver applicato una regola di diritto privato (pareggio di bilancio) ad un organismo pubblico (lo Stato) la cui funzione costituzionale è invece di introdurre liquidità nel sistema economico – che oggi vuol dire fare deficit – e perseguire il benessere della popolazione.
La Troika ha fatto proprio questo paradigma introducendo il Fiscal Compact, che è il meccanismo con il quale si ritira liquidità dal mercato con la scusa di rimborsare il debito pubblico. E’ su questa base che vengono imposte ricette di austerità, che riducono ulteriormente la liquidità in circolazione provocando deflazione e precarietà del lavoro.
Per questo è necessario perseguire con convinzione l’emancipazione dalla dipendenza dai mercati finanziari, dal ricatto del debito pubblico e dalle agenzie di rating, e introduzione di regole che precludano ogni speculazione e manipolazione finanziaria perpetrata dalle banche d’affari. Soprattutto, dobbiamo ripristinare funzioni di liquidità primaria domestiche, per dare ossigeno all’economia, attraverso le seguenti iniziative urgenti:
1 Cancellazione e ridenominazione del debito pubblico come “emissione di moneta”, per un importo pari a € 1.150 miliardi, corrispondenti ai titoli del Tesoro attualmente detenuti dalle istituzioni finanziarie dell’Eurosistema ed acquisiti attraverso la moneta bancaria che le banche hanno creato dal nulla. La posta “Emissione di moneta” resterà iscritta come aggregato permanente ed infruttifero nel bilancio del Tesoro in nome e per conto dei cittadini italiani;
2 Riassorbimento prioritario dei titoli di stato italiani detenuti da soggetti non-residenti ed a carattere speculativo a beneficio di un collocamento di questi titoli nel mercato domestico. Ciò anche al fine di consentire l’impiego dell’enorme risparmio nazionale su operazioni di breve durata, garantite da specifiche norme. Queste includeranno: l’eliminazione delle procedure di bail in; la revisione delle clausole di azione collettiva; una sostanziale tutela dall’inflazione; il divieto per le banche di proporre alla propria clientela strumenti finanziari speculativi che distolgono il risparmio da impieghi più sicuri e meritevoli;
3 Piena trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti (CDP) in banca pubblica con capacità di raccolta di finanziamenti a tasso zero presso la BCE (art 123 TUE) con riduzione graduale della quota di debito a titolo oneroso (BOT, BTP e CCT) gravanti sul Tesoro;
4 Espansione della funzione di credito alle imprese da parte della CDP ed assegnazione ad essa di della funzione di regolamento del mercato interbancario (art.47);
5 Emissione da parte di CDP di Certificati di Credito Fiscali (CCF) da distribuire primariamente attraverso la spesa della pubblica amministrazione per il pagamento dei fornitori e l’integrazione dei redditi e delle pensioni. Tali Certificati danno il diritto ad ottenere sconti fiscali dopo due anni dall’emissione permettendo di ridurre pagamenti altrimenti dovuti alla pubblica amministrazione per tasse, imposte, contributi sociali o pensionistici. Sono classificabili da Eurostat come “crediti fiscali non rimborsabili” perché non ne può essere chiesta la conversione in Euro allo Stato e per questa ragione non sono un debito della pubblica amministrazione. Tali certificati vengono accettati negli scambi su base volontaria e possono essere scambiati sui mercati finanziari;
6 Valorizzazione del circuito delle Banche di Credito Cooperativo (BCC), come circuito di distribuzione di credito alle piccole e medie imprese che operano in contesti territoriali specifici, e difesa dai rischi di omologazione delle BCC al modello di banca universale a carattere speculativo che deriva dalla legge n. 49/2016 che ha convertito modificandolo il decreto legge 14 febbraio 2016 n. 18;
7 Nazionalizzazione delle principali banche operanti nel paese, già salvate con denaro pubblico ed accesso delle stesse banche alle operazioni di rifinanziamento della BCE ed utilizzo dei fondi così raccolti per contribuire al piano di investimenti strutturali, volto alla piena occupazione, al rilancio del tessuto produttivo nazionale ed al rafforzamento dei servizi essenziali;
8 Riforma del sistema bancario e finanziario per separare le attività, previste e tutelate dalla Costituzione, di tutela del risparmio e di finanziamento alle aziende ed alle famiglie dalle attività di natura meramente speculativa, utili solo al grande capitale sovra-nazionale che le usa per spogliare il Paese, affamando l’economia reale;
9 Costituzione di circuiti locali e nazionali di compensazione dei crediti tra le imprese, autorizzando per legge anche gli enti pubblici territoriali (in primis i Comuni) a prendervi parte. Trasferimento delle competenze in materia di sostegno e rilancio delle economie locali, basata su agricoltura naturale, artigianato e piccola industria, ai Comuni, singoli o associati, con contemporanea piena legalizzazione dell’uso di monete complementari e/o fiscali a circolazione locale;
10 Pieno impiego di tutti i Fondi Europei messi a disposizione di Pubbliche Amministrazioni, Enti Pubblici e imprese nel periodo 2014-2020, sia a livello comunitario che “Diretti e Strutturali”. Impegno immediato alla realizzazione di osservatori e strutture che facilitino l’accesso a ogni potenziale destinatario in possesso dei requisiti;
11 La moneta fiscale erogata dalla Cassa Depositi e Prestiti ed i circuiti locali e nazionali di compensazione dei crediti rappresentano il primo passo verso lo sviluppo di un nuovo sistema monetario domestico di ispirazione popolare, nel quale la moneta, all’atto della creazione, sia di proprietà di tutti i cittadini e venga amministrata in loro nome e per loro conto dagli organi monetari preposti. In tale sistema, coerentemente all’art 47 della Costituzione, a tutti i cittadini italiani viene attribuita in comproprietà una quota dell’Istituto di emissione uguale per tutti, come diritto non trasferibile né per atto tra vivi né per successione mortis-causa;
12 Rilancio del principio di razionalizzazione della spesa pubblica e conseguente finalizzazione dei risparmi ad un piano delle opere pubbliche per il rilancio delle strutture portanti dell’economia italiana, coordinato, ai fini della costruzione di un piano nazionale del lavoro, con gli interventi di razionalizzazione del sistema bancario.

COSTRUIRE UN’ECONOMIA DEL BENESSERE SOCIALE

La Troika sta dando piena attuazione al paradigma neoliberista basato sulla triade debito-austerità-recessione. Questo paradigma contiene due grandi menzogne: il debito pubblico e l’austerità, sostenute da politici traditori del loro mandato e con la complicità di opposizioni fittizie. Tale modello è regolato da tecnicismi e automatismi normativi quali il Fiscal Compact, il MES, il Bail-in, ed ha lo scopo di sottrarre liquidità al Paese creando svalutazione e disoccupazione.
Questo modello è in palese violazione della Costituzione italiana. In particolare, è incompatibile con gli articoli 35-36 (dignità del lavoro); 38 (annullato, di fatto, dal Fiscal Compact); 41 (inattuabile a causa della perdita del governo dell’economia da parte degli esecutivi nazionali); 42 (inattuabile perché le norme della Trojka impediscono la tutela della proprietà pubblica); 47 (violato perché il controllo del credito è esercitato da entità private anziché dalla Repubblica).
A questo modello noi opponiamo un’economia del benessere sociale, basata sul controllo popolare del credito, sulla creazione di un sistema di crediti di solidarietà finanziato e controllato dai lavoratori, sulla piena sovranità monetaria e sull’uso della moneta a beneficio delle imprese produttive (e non dei salvataggi bancari) nonché al fine di riacquisire il controllo dei settori strategici e dei servizi pubblici essenziali.
Tutto ciò crediamo sia attuabile con i seguenti provvedimenti urgenti:
1 Abolizione del vincolo del pareggio in bilancio introdotto in Costituzione in palese violazione della stessa Costituzione vigente (modifica dell’art. 81 del 20 Aprile 2012);
2 Avvio di un programma triennale di emergenza di investimenti pubblici pari a € 200 miliardi che consenta una crescita del PIL del 3-4% medio all’anno con aumento del reddito-pro-capite ed eliminazione della disoccupazione;
3 Abrogazione delle norme che contraddicono la funzione sociale della proprietà privata e l’interesse generale (art. 42 Cost.);
4 Stop ai processi di privatizzazione (e talvolta progressivo smantellamento) dei servizi pubblici essenziali come trasporti, strade, servizi postali, energia, scuola, salute, che devono essere svolti con criteri di efficienza ed economicità proprio in ambito pubblico, per garantire una eguale fruizione da parte di tutti i cittadini con forme di controllo che non siano nelle mani dei partiti ovvero di agenzie falsamente autonome dalla politica, in attuazione del principio secondo cui l’esercizio di un potere, in quanto servizio, non deve generare altre posizioni di potere;
5 Piano di espansione delle quote di partecipazioni statali attualmente detenuta dalla Cassa Depositi e Prestiti in settori strategici quali Posteitaliane, Eni, Fincantieri etc.;
6 Nazionalizzazione delle imprese industriali salvate con il denaro pubblico;
7 Nazionalizzazione del settore energetico e dei settori strategici per la sicurezza del paese e dei servizi pubblici essenziali;
8 Revoca e cessazione delle concessioni ai privati di sorgenti idriche.

FORTE IMPEGNO VERSO LA PICCOLA IMPRESA ED IL MADE IN ITALY

Industria, commercio e artigianato sono da sempre considerati, insieme ad agricoltura e turismo, i settori di produzione di ricchezza all’interno di una società moderna. Tuttavia, l’attuale emorragia di capitali e di risorse dal sistema produttivo verso quello finanziario, l’indebitamento e la conseguente dipendenza delle aziende dalle banche rappresentano grosse fonti di squilibrio del sistema produttivo generale.
La globalizzazione dell’economia e della finanza è ormai una realtà, un fenomeno che in questi ultimi anni ha portato alla concentrazione del capitale finanziario internazionale, al saccheggio di risorse delle zone periferiche e degli strati meno agiati. Enormi capitali si spostano da uno Stato all’altro, rompendo le barriere nazionali e regionali, rendendo inutili o riducendo in sudditanza i capitali nazionali e le istituzioni di ogni Paese.
In questo scenario le piccole e medie imprese italiane sono esposte alla competizione di conglomerati multinazionali avvantaggiati dalle economie di scala, dal più facile accesso al credito, dai benefici fiscali derivanti da politiche contabili intra-gruppo di natura elusiva e, non ultima, dalla capacità di lobbying esercitata sulla classe politica e amministrativa.
All’interno di questa situazione, che si colloca nel pieno del paradigma liberista, non è possibile impostare un piano industriale sostenibile per il Paese né risolvere il problema della disoccupazione. Occorrono dunque provvedimenti urgenti strutturali a sostegno della piccola e media impresa italiana, che includano anche politiche protezionistiche sui prezzi e sugli standard di prodotto così come sui salari e sulle condizioni del lavoro.
Questi i provvedimenti che hanno carattere di particolare urgenza ed importanza:
1. Disincentivare la delocalizzazione delle aziende italiane attraverso l’agevolazione e la valorizzazione del prodotto di qualità fabbricato interamente in Italia secondo criteri sostenibili;
2. Adottare misure contro la concorrenza sleale e controlli severi dei prodotti di importazione, soprattutto, quelli low cost, verificando che, nella fase di produzione, siano stati rispettati i diritti dei lavoratori e la sicurezza ambientale;
3. Certezza e tempestività dei pagamenti da parte dello Stato anche con pagamenti tramite Certificati di Credito Fiscale;
4. Investimenti statali in settori sostenibili ad alto impatto lavorativo: le energie pulite e il riuso e riciclaggio dei materiali (con seri controlli per prevenire le infiltrazioni criminali), gli interventi per rimediare al dissesto idrogeologico (il 70 % del territorio nazionale è in pericolo), la bioedilizia e la riqualificazione energetica, la messa in sicurezza delle scuole (circa la metà di esse sono fuori legge), la riparazione e gestione degli acquedotti (il 40 % dell’acqua si perde nella rete di distribuzione), il completamento delle reti di raccolta fognarie e di depurazione, il miglioramento del trasporto pubblico urbano e regionale (in complesso il più arretrato d’ Europa), la manutenzione e fruizione dei beni culturali, l’ecoturismo, l’attività artigianale di qualità;
5. Rilancio dei negozi di vicinato disincentivando e contenendo l’espansione dei centri commerciali tanto più se posseduti da aziende non italiane;
6. Impiego di fondi pubblici tesi ad agevolare la nascita, lo sviluppo e la promozione di market places (Società che operano e-commerce in rete) controllati e operati da Società Italiane in cui si vendano prevalentemente prodotti e servizi made in Italy;
7. Limitazione e regolamentazione degli orari di apertura delle attività commerciali (vedi, ma non solo, grandi centri commerciali);
8. Norme ed incentivi alla diffusione dell’economia sociale e solidale, gli unici capaci di garantire lo sviluppo nella giustizia e quindi nella pace;
9. Introduzione di una legge sulla responsabilità sociale d’impresa per rendere trasparenti le attività delle aziende e la filiera produttiva, rendendo pubblici gli assetti proprietari delle grandi compagnie;
10. Introduzione di una legge che preveda la partecipazione diretta da parte dei lavoratori delle grandi imprese al capitale e alle decisioni dell’impresa, affinché possano avere una compartecipazione nella gestione aziendale che incide sul proprio futuro. Ciò deve essere incentivato anche nelle piccole e medie imprese;
11. Introduzione di misure di welfare verso la piccola imprenditoria e la libera professione che prevedano sostegno economico nei seguenti casi: a) malattie personali (gravi patologie); b) maternità; c) sostegno alla genitorialità; d) assistenza continua alle persone di cui alla Legge 104/1992; e) documentati casi di temporaneo impedimento e/o cause di forza maggiore (come ad esempio l’assistenza continua per malattia ad un familiare, ecc.);
12. Valorizzazione dell’intero patrimonio artistico, storico e culturale italiano attraverso il trasferimento ai Comuni delle competenze di spesa per la protezione di tale patrimonio e la condivisione con gli stessi delle entrate derivanti dal turismo;
13. Assegnazione ai Comuni, anche in consorzio tra loro, di competenze di politica attiva nella valorizzazione dell’iniziativa economica locale.

LA NOSTRA RIVOLUZIONE FISCALE ISPIRATA ALLA COSTITUZIONE

L’abbandono del paradigma neoliberista ed il passaggio all’economia del benessere sociale consentono una gestione completamente diversa della fiscalità. Nel modello neoliberista, la pressione fiscale è lo strumento di finanziamento della spesa pubblica, ingabbiata dall’assurdo principio del pareggio di bilancio. In un modello di economia sociale, invece, in cui circolano monete domestiche assoggettata alla sovranità popolare, la pressione fiscale risponde a criteri di redistribuzione del reddito e non necessariamente di finanziamento della spesa pubblica.
Questo consente di dare piena attuazione al principio di progressività contributiva sancito dall’art. 53 della Costituzione, attraverso i seguenti interventi:
1. Riforma del sistema fiscale in base al criterio dell’effettiva capacità contributiva, mettendo a imposizione non il reddito ma la capacità contributiva che si compone di tutti i redditi, comunque conseguiti, diminuiti di tutte le spese necessarie per lo sviluppo della persona umana (art. 3 Cost.), quindi non quelle sul lusso, e con l’eliminazione di tutti i tipi di “cedolari secche” per i redditi comunque conseguiti, inclusi redditi di capitale (cedole degli azionisti) e delle rendite finanziarie e immobiliari, che andranno sottoposti ad IRPEF e quindi a progressività, mentre tasse come l’IMU devono abbattersi sui redditi effettivi e non virtuali;
2. Piano di riduzione significativa di tutte le aliquote fiscali per le imposte dirette ed indirette, nonché di espansione della base di reddito non imponibile, con conseguente abbassamento della pressione fiscale dall’attuale 47% del PIL al 26% in 10 anni, con una media del 2% di riduzione all’anno;
3. Inasprimento della tassazione degli utili d’impresa conseguiti da filiali, succursali e società partecipate da gruppi aziendali multinazionali, qualora tali profitti vengano distribuiti come dividendi o reinvestiti a vario titolo al di fuori del territorio nazionale;
4. Lotta efficace all’evasione fiscale;
5. Azzeramento della tassazione sugli immobili di proprietà con scopi funzionali, quali la casa di abitazione, i capannoni, i locali commerciali e i terreni utilizzati per scopi d’impresa e non generatori di rendite da locazione;
6. Tassazione delle speculazioni finanziarie.

CONTRASTO ALL’USURA E DIFESA DELL’ABITAZIONE

L’usura bancaria dilaga nel Paese e si afferma come piaga sociale che mette a rischio milioni di abitazioni. Tecnicismi e sgomento sono spesso i fattori che impediscono alle famiglie di opporsi efficacemente alle procedure esecutive.
Tuttavia, la recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione Penale 23192/2017 ha stabilito che anche la “mora” rientra nel calcolo dell’usura anche se non addebitata o riscossa, il che amplia oltremodo il perimetro di azione a difesa dei cittadini.
Dunque, queste sono le misure sulle quali ci impegniamo a combattere senza mezzi termini la piaga dell’usura prestando al tempo stesso il massimo soccorso e supporto possibile alle vittime dei reati finanziari:
1. Introdurre l’obbligo da parte delle banche di informare i clienti sulle procedura di verifica dei tassi da affidare ad agenzie esterne indipendenti;
2. Innalzamento a 5 anni di reclusione per qualunque reato commesso in ambito bancario;
3. Innalzamento a 5 anni di reclusione per il responsabile del superamento oggettivo del tasso soglia massimo previsto dalla legge in tema di usura, che ogni banca deve nominare;
4. Innalzamento a 5 anni di reclusione per chi chiederà crediti di natura usuraria, come da sentenza della Suprema Corte di Cassazione N°53479/2017;
5. Abolizione della legge 106/2011 che ha modificato il calcolo dell’usura, elevandolo il tasso soglia di 4 punti percentuali, e ripristino della sistema introdotto dalla legge 108/1996, più conveniente per le famiglie e piccole imprese;
6. Verifica dei parametri e dell’economicità del provvedimento dell’11 Luglio 2017 con il quale il Ministro del Tesoro Padoan ha garantito all’Ecofin la copertura dei crediti incagliati delle banche venete trasferiti alla Bad Bank tramite ricorso a finanze pubbliche, nonché del decreto n. 99 del 25/06/2017 con il quale Banca Intesa San Paolo ha ricevuto dal Governo €5,285 milioni
7. Rilancio del fondo del Fondo di solidarietà per le vittime da reato finanziario previsto dalla legge finanziaria 2018/19, che deve essere alimentato: a) con i conti “dormienti” che vanno in scadenza; b) con il Fondo Interbancario di Garanzia dei depositi; c) con i crediti “buoni” ereditati dalle banche in liquidazione coatta amministrativa, o fallite (questi includono, tra gli altri, i crediti di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca andati a Banca Intesa San Paolo SPA, i crediti di Banca Etruria e del Lazio andati a UBI Banca, i crediti di Cassa di Risparmio di Ferrara andati a Banca Popolare dell’Emilia Romagna);
8. Abrogazione del decreto 99/2017 con il quale il Governo ha elargito €5.285 milioni alle banche ed impiego di tali somme per fini sociali, per i terremotati, per il bonus bebè, per gli invalidi, per gli anziani soli, i malati e gli svantaggiati in genere.

CLASS ACTION POPOLARE CONTRO LE AGENZIE DI RATING

Le motivazioni della sentenza che i Giudici del Tribunale di Trani hanno depositato nell’ambito del processo per manipolazione di mercato ai danni di Standard&Poor’s hanno sancito che a seguito della disamina più approfondita del profilo di falsità delle notizie diffuse dall’agenzia di rating nel biennio 2011-2012, il fatto “nella sua materialità è acclarato, con un “sicuro pregiudizio nei confronti dell’Italia”.
In particolare, il danno è consistito nel maggior costo dei finanziamenti alle famiglie, alle imprese ed alla pubblica amministrazione i cui costi sono stati alterati a causa delle azioni intraprese dalla società di rating.
Per questa ragione, intendiamo intraprendere due azioni risarcitorie ben precise, l’una a diretto beneficio di determinate categorie di consumatori e di risparmiatori, e l’altra a beneficio della pubblica amministrazione:
1. Lancio della più grande “class action” popolare contro le agenzie di rating per rivendicare un risarcimento di €120 miliardi, da distribuirsi pro-quota alle categorie che vi aderiranno;
2. Promozione di un’azione popolare rivolta a sollecitare il Ministro dell’Economia ad intraprendere un’azione risarcitoria per danno erariale nei confronti dell’agenzia di rating, rivendicando il danno stimato dalla Corte dei Conti.

UN PATTO PER LA PIENA OCCUPAZIONE

Il lavoro è diritto di tutti e la solidarietà pubblica deve tradursi in programmi di pieno impiego delle lavoratrici e dei lavoratori, in condizioni di pari opportunità e dignità, al fine di promuovere lo sviluppo armonico della persona.
Trasferimenti sociali da parte dello Stato sotto forma di redditi di sussistenza, cittadinanza o altro, tutti incardinati nel principio della funzione sociale dei loro percettori e dunque ancorati alla prestazione di attività lavorative interstiziali, che siano orientati a garantire un tenore di vita dignitoso a tutti i membri della comunità nazionale non possono che essere sussidiari e subordinati al prioritario obiettivo della piena occupazione lavorativa. Per questa ragione il nostro programma si articolerà sui seguenti provvedimenti prioritari:
1. Attuazione di un piano di investimenti pubblici e di incentivo alle imprese private quinquennale in grado di riassorbire tutti i disoccupati;
2. Assegnazione di un servizio di pubblica utilità ai lavoratori in temporanea mobilità;
3. Cancellazione delle leggi che hanno determinato la precarietà sociale, quali l’art. 8 della legge Sacconi, la legge Fornero, il Job Act, con la reintroduzione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori a tutto vantaggio della stabilità aziendale;
4. Investimenti pubblici sulle start-up e sull’incentivo all’imprenditoria giovanile;
5. Assegnazione di buoni fiscali sotto forma di CCF alle aziende che facilitano l’avviamento e la formazione del lavoro giovanile in tutte le sue forme;
6. Favorire l’accesso dei lavoratori alla proprietà dell’azienda, in modo da poter prendere parte alle decisioni che li riguardano;
7. Fissazione di un compenso orario minimo inviolabile di €9,00 lorde;
8. Consolidamento dei controlli in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed inasprimento delle sanzioni nei confronti dei responsabili dei servizi che risultino inadempienti;
9. Fissazione dell’età pensionabile a 65 anni, facoltà di richiedere la pensione anticipata dopo 41 anni di servizio, nonché introduzione di meccanismi flessibili per la scelta della età in cui andare in pensione.

IL NOSTRO PIANO QUINQUENNALE E DECENNALE

Sulla base degli strumenti e delle logiche di azione suddetti abbiamo elaborato un bilancio pubblico previsionale a 5 e 10 anni, mostrando anno per anno l’evoluzione ed il dettaglio delle voci di entrata e di uscita delle finanze pubbliche ed il conseguimento dei principali obiettivi di politica economica.
Queste le ipotesi impiegate nella costruzione del piano:
1. Debito pubblico: La quota di €340 miliardi di debito pubblico che scade ogni anno viene rimpiazzata da nuove emissioni decrescenti di anno in anno così che dopo 10 anni il debito scenda a 1.100 miliardi, pari alla quota «fittizia» oggi detenuta dall’Eurozona, e che in base al nostro programma proponiamo di ridenominare in “Emissione di moneta”;
2. Raccolta presso BCE: La CDP raccoglie quote incrementali di finanziamento pari a circa €50 miliardi all’anno presso la BCE a tasso zero;
3. Moneta fiscale: La Cassa Depositi e Prestiti emette ogni anno circa €30-40 miliardi di moneta fiscale sotto forma di Certificati di Credito Fiscale;
4. Spesa pubblica: La moneta fiscale e la raccolta presso la BCE, al netto del rimborso annuale di debito pubblico, vengono utilizzati per aumentare la spesa pubblica annua ad una media di circa il 4,5% all’anno;
5. Moltiplicatore del PIL: La moneta fiscale introdotta attraverso la spesa pubblica provoca un effetto moltiplicativo sul PIL misurato come segue: 1 Euro di consumi privati espande il PIL di 1,65 Euro mentre 1 Euro di investimenti privati espande il PIL di 2 Euro.
6. Disoccupazione: Il piano ipotizza che il 30% dell’incremento annuale del PIL generi un assorbimento di forza lavoro in linea con il PIL pro-capite calcolato sugli occupati dell’anno prima (in realtà, è ragionevole attendersi che l’effetto espansivo della crescita del PIL sull’occupazione sia ben maggiore);
7. Pressione fiscale: L’ammontare lordo di imposte dirette, indirette e di contributi sociali diminuisce mediamente dell’1,5% all’anno. Dunque, la pressione fiscale, in % del PIL, decresce ad una media del 2% all’anno a causa della crescita del PIL;
8. Finanziamenti alle imprese: Il piano non tiene conto dei benefici espansivi interni e degli effetti benefìci sulle esportazioni del maggiore credito alle imprese generato da un ruolo attivo della Cassa Depositi e Prestiti;
9. Bilancia commerciale con l’estero: Il piano non tiene conto della congiuntura economica generale né degli effetti della manovra sul saldo importazioni/esportazioni. Tuttavia, è lecito attendersi che tali effetti sarebbero positivi sul PIL.
Di seguito riportiamo i risultati più importanti conseguibili a distanza di 5 anni:
1. Crescita media del PIL del 4,5% all’anno;
2. Riduzione della disoccupazione al 5,9% dall’attuale 11,6% (la disoccupazione scende poi al 2% al termine del decino anno);
3. Riduzione del debito pubblico al 93% del PIL dall’attuale 134% (il rapporto debito pubblico/Pil scende poi al 41% al termine dei 10 anni);
4. Riduzione della pressione fiscale al 33% dall’attuale 45% (la pressione fiscale arriva a scendere al 26% al termine del decennio);
5. Il PIL pro-capite attualmente pari a €26.000 sale a €33.000 dopo 5 anni ed a €39.500 al termine del decennio, portandosi ai livelli dei più ricchi Paesi del centro/nord-Europa.

CERTEZZA DEL DIRITTO E CONFISCA DEI BENI AI MAFIOSI

La funzione giurisdizionale è, accanto a quella legislativa e a quella di governo, una delle tre funzioni fondamentali dello Stato. Condizione essenziale per l’esercizio democratico dei tre “poteri” è la loro indipendenza. Le connivenze tra sistema politico e giustizia e la sostanziale impunità dei reati più gravi, perpetrati da personaggi di spicco del mondo politico e imprenditoriale, stanno a indicare che tale indipendenza non è stata assicurata dall’ordinamento attuale.
L’estrema lunghezza della fase istruttoria dei processi e di quella dibattimentale (quando si arriva al dibattimento), generano una situazione di sostanziale ingiustizia e di violazione dei diritti umani, come emerge, tra l’altro, dalle frequenti condanne dell’Italia da parte della Corte internazionale di Strasburgo. Occorre avviare una radicale riforma della Giustizia, ripristinando la certezza del diritto per gli oltre 11 milioni di cittadini che soffrono di inammissibili ritardi nella conclusione dei processi.
Il sistema carcerario soffre di sovraffollamento, promiscuità, carenza di strutture sanitarie e mancanza di personale specializzato, problemi che calpestano i più elementari aspetti della dignità umana, rendendo il carcere “scuola del crimine” e luogo di espiazione, anziché, come vorrebbe la Costituzione italiana, strumento per la rieducazione del condannato.
Per queste ragioni di impegniamo ad attuare il seguente programma:
1. Piena applicazione della confisca dei beni ai mafiosi, ma anche ai politici corrotti, introducendo una Legge La Torre-bis e, più in generale, rafforzando gli strumenti contro mafie e corruzione;
2. Riformare il sistema carcerario, rendendolo più umano ed efficace, con investimenti in risorse umane e finanziarie;
3. Potenziare le forme alternative di composizione del conflitto in ambito civile e penale con interventi di riorganizzazione della mediazione e delle negoziazioni assistite;
4. Nuova autonomia e indipendenza dal Governo dei vertici della magistratura (in particolare per la Corte costituzionale, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e per i Tribunali Amministrativi Regionali) che può essere ottenuta con l’elezione diretta dei magistrati, sulla base di requisiti di eleggibilità che ne garantiscano la competenza tecnica;
5. Norme più restrittive rispetto alla presenza indiscriminata di sale gioco nei pressi di luoghi sensibili (scuole, impianti sportivi, ecc.) e contro ogni forma di pubblicità del gioco d’azzardo.

I FLUSSI MIGRATORI SONO UNA FACCIA DEL PARADIGMA NEOLIBERISTA

I flussi migratori elevatissimi e non sostenibili sono frutto di un processo economico e sociale globale, autoritario e tecnocratico. La soluzione a questo problema può avere successo solo a seguito del superamento del modello neoliberista che distrugge le risorse e schiaccia il lavoro.
Affinché l’Italia non soggiaccia al ricatto operato dalle organizzazioni internazionali e, al tempo stesso, adempia alla funzione di solidarietà verso gli altri popoli che è sancita dalla costituzione, ci impegniamo sui seguenti punti principali:
1. Aumento della quota di bilancio italiano dedicata ai programmi di “Aiuto allo Sviluppo”: dall’attuale (2016) 0,26% del prodotto interno lordo (PIL) allo 0,70%, obiettivo stabilito dall’ONU;
2. Impegno affinché gli “Aiuti allo Sviluppo” siano destinati alla realizzazione e alla gestione d’infrastrutture scolastiche e sanitarie pubbliche e gratuite, nonché alla realizzazione delle infrastrutture idriche ed elettriche sostenibili (solare, eolico), nei dieci paesi di maggiore origine del flusso migratorio mediterraneo;
3. Sostegno politico, culturale ed anche economico verso i movimenti di liberazione nazionali e di autodeterminazione, soprattutto panafricani.
4. Cessazione dell’esportazione di materiale d’armamento verso quei paesi, oggetto di “Aiuto allo Sviluppo”, che sono in guerra o che violano i diritti umani (Legge 185/90);
5. Contrasto alle attività illecite legate ai flussi migratori;
6. Forte azione diplomatica, per assicurare democrazia e libere elezioni, nei paesi ove ciò non avviene;
7. Forte azione diplomatica da parte dell’EU per assicurare la equa ripartizione delle quote stranieri riconosciuti quali “perseguitati politici”.

RICONDURRE L’INFORMAZIONE SOTTO IL CONTROLLO POPOLARE

L’informazione e la comunicazione devono essere al servizio dei cittadini. Non può esservi democrazia se i cittadini non sono informati adeguatamente e correttamente. Non può esserci informazione corretta se la gran parte del sistema mediatico è asservita agl’interessi degli inserzionisti pubblicitari. L’Authority delle comunicazioni deve essere eletta con la maggiore partecipazione possibile da parte dei consumatori e degli utenti, e dovrà gestire le frequenze radio- televisive e dei telefonini quali beni pubblici.
I principali mass-media sono controllati da grandi aziende, possedute e strettamente legate a società ancora più grandi (le multinazionali). La produzione e la distribuzione dell’informazione sono concentrate nelle mani di pochi gruppi, per di più legati a parti politiche, negando di fatto l’accesso ai mass-media anche ad altri soggetti. Il controllo della soggettività, operato attraverso il monopolio dell’immagine, è foriero del pericolo del “Grande Fratello”, ovvero la possibilità da parte di chi detiene i mezzi di comunicazione, in sinergia con le forze dello Stato, del controllo di tutta, o quasi, la popolazione.
La rivoluzione digitale sta producendo enormi e accelerati mutamenti nella vita collettiva, che coinvolgono tutte le sfere dell’attività umana e mutano i rapporti sociali (big data, nuove energie, bio-genetica, ecc.). Tali processi vanno governati nell’interesse collettivo, secondo Costituzione.
Per queste ragioni, ci impegniamo ad attuare il seguente programma:
1. Promulgazione di Leggi (Concessioni e Autorizzazioni a svolgere attività di Comunicazione sul territorio italiano) che favoriscano l’accesso alle reti e la relazione con le diverse audiences e readerships per quei soggetti (stampa, tv, radio e web) che producono in Italia più del 70% dei loro contenuti;
2. Realizzazione di una Concessionaria di Pubblicità di proprietà pubblica che, supervisionata dall’AGCOM, venda spazi agli inserzionisti esteri per conto dei media italiani che ad essa ne concedano facoltà, escludendo gli sconti sui listini e fissando annualmente il Costo Contatto nazionale (stampa, tv, radio e web) in relazione al Reddito pro Capite e conseguentemente al potere di acquisto sul territorio;
3. Realizzazione di una Rappresentanza Nazionale che tuteli i diritti e gli interessi degli Attivisti che fanno informazione e comunicazione nel web (Contenuti Generati dagli Utenti), che difenda la libertà di espressione in generale e promuova le condizioni di sostenibilità economica per gli aderenti;
4. Abolizione delle pene detentive per la diffamazione a mezzo stampa (art. 595 C.P.) e norme che propongano di configurare come causa di non punibilità la pubblicazione della rettifica senza repliche e senza commento.

LA SALUTE DIRITTO INVIOLABILE GARANTITO DA TUTTI

Nelle diverse riforme sanitarie la spinta fondamentale è stata indubbiamente quella economica. Infatti, il concetto cardine della nuova legislazione è che lo stato sociale non può più garantire “tutto a tutti” ma solo erogare uno “standard minimo” di prestazioni, lasciando alle Regioni, attraverso la loro autonomia impositiva, e ai cittadini, attraverso le loro tasche, la soddisfazione dei bisogni non coperti con risorse pubbliche.
L’intenzione quindi è stata quella di far “quadrare i conti” secondo vere e proprie regole di mercato. Si è dato per scontato che all’indubitabile esigenza di regolare la spesa sanitaria, obbiettivo che era anche alla base della riforma del 1978, si doveva rispondere con regole neoliberiste.
Ma il diritto alle cure e alla salute è di tutti, a prescindere dal reddito, e le strutture socio sanitarie non devono essere gestite come imprese finalizzate al profitto. L’organizzazione dei Sistemi Sanitari Regionali dovrà quindi tener conto dei reali bisogni socio-economici e socio-sanitari della popolazione e dovrà fondarsi sui dati epidemiologici e sulla conformazione del territorio.
Nell’ampia accezione del diritto alla salute non può non essere preso in considerazione il fenomeno del “cambiamento climatico” che avviene a causa del “riscaldamento globale del pianeta” con le conseguenze che vengono unanimemente riconosciute (estremizzazione dei fenomeni atmosferici e climatici, diminuzione dei ghiacciai con conseguente aumento del livello dei mari, perdita della biodiversità, ecc.) e che avviene per motivi antropici contro i quali la conferenza di Parigi (COP21, dicembre 2015) ha stabilito d’intervenire nelle forme di prevenzione e d’adattamento.
A tale proposito è nostra convinzione che lo sfruttamento dell’ambiente, così come la sua tutela tecnica e selettiva (vedi limiti polveri sottili, vincoli su emissioni auto o normative sui fertilizzanti chimici) siano due facce della stessa ideologia utilitaristica propria del neoliberismo che considera l’ambiente una risorsa da governare e sfruttare sino a consentire la negoziazione nelle borse valori di certificati di sfruttamento (leggi: inquinamento) dell’ambiente da parte dei possessori.
Noi, invece, consideriamo l’ambiente come un ecosistema di valore universale perché forma parte integrante della persona, del suo habitat, del suo equilibrio biologico ma anche mentale. Per questo, il nostro programma prevede una rivoluzione culturale prima ancora che politica nel rapporto con l’ambiente.
Le nostre proposte su questa materia sono espresse dai punti seguenti:
1. Arrestare le politiche di taglio economico volte esclusivamente alla privatizzazione della sanità, e al perseguimento del modello liberista, garantendo e prevedendo un maggiore e adeguato finanziamento del SSN pubblico, limitando al massimo il finanziamento pubblico ai privati ed escludendo le consolidate pratiche clientelari;
2. Ridefinire e reintegrare da subito il Decreto n. 70/2015 in riferimento alle Aree Particolarmente Disagiate (zone montane e insulari) e ai servizi che in esse devono essere garantiti in materia di emergenza /urgenza, pronto soccorso, punti nascite. Prevenzione e inserimento all’interno della programmazione sanitaria del concetto di Area Periferica quale tipologia intermedia;
3. Inclusione delle nozioni di base riguardo alla prevenzione e all’educazione sanitaria nei programmi scolastici delle scuole dell’obbligo e nella scuola superiore;
4. Attivazione di forme di prevenzione attraverso programmi di educazione nutrizionale dei cittadini (anche orientata al consumo di cibo biologico), la promozione di stili di vita sani, controlli (obesità, diabete, fumo, patologie cardiovascolari, ipercolesterolemia, malattie trasmissibili, degenerative, patologie tumorali);
5. Abolizione di tutti i ticket (partecipazioni al costo) per le prestazioni sanitarie;
6. Verifica del costo dei prodotti farmaceutici su scala internazionale con istituzione di una agenzia/sistema di controllo del costo dei farmaci rispetto allo standard internazionale;
7. Cessazione dei finanziamenti statali alla sanità privata e obbligo di scelta per i medici tra esercizio della professione nel pubblico oppure nel privato;
8. Libertà di scelta terapeutica informata. Abrogazione della Legge Lorenzin (L. 31 luglio 2017, n. 119) sulle vaccinazioni obbligatorie;
9. Attivazione d’una Commissione Parlamentare d’inchiesta che accerti le interferenze nella politica sanitaria italiana da parte di Big Pharma e verifichi la reale sicurezza degli attuali vaccini e gli effetti avversi da essi determinati;
10. Abolizione del direttore amministrativo e sanitario delle ASP e degli Ospedali e la nomina con concorso pubblico, e non su base politica, di tutti i dirigenti. Revisione dei carichi di lavoro all’interno delle strutture socio-sanitarie, permettendo di rinegoziare la contrattazione tra le aziende, i sindacati e i rappresentanti di categoria. Maggiore trasparenza e maggiori controlli per la fiscalità sanitaria;
11. Investimento di cospicue risorse pubbliche nell’utilizzo di tecnologie che consentano di raggiungere, nel tempo, l’equilibrio energetico con fonti rinnovabili, l’abolizione dell’uso di pesticidi, fertilizzanti e conservanti chimici, l’attuazione di una efficace politica di consumo di prodotti agricoli stagionali, la totale riconversione dei mezzi di trasporto in veicoli a zero emissioni e supporto a tutte le iniziative che mantengano le città e l’intero ecosistema nel quale viviamo in totale armonia con l’uomo;
12. Politica energetica di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (solare, eolica, idroelettrica, geotermica), revisione delle concessioni alle multinazionali di perforazioni inquinanti e distruttive dell’ecosistema (fracking e perforazioni nelle acque nazionali), intervento sulle colture intensive e sulla mobilità urbana (elettrica o pubblica nonché sulla ri-forestazione del Paese;
13. Riconversione biologica dell’agricoltura agro-chimica e indipendenza dalle Multinazionali agro-alimentari e dei mangimi (carichi di pesticidi e OGM), in coordinamento con politiche di sostegno dei produttori biologici italiani.

L’ISTRUZIONE COME FATTORE FONDANTE DEL PATTO SOCIALE

Noi crediamo che l’educazione sia l’attività fondamentale per creare cittadini responsabili, critici, curiosi, partecipativi, solidali e capaci di cogliere la bellezza della natura; in questo senso la scuola va cambiata in modo radicale.
La Scuola deve essere, pertanto, Istituzione fondante della Repubblica e del patto sociale in quanto stabilito nei principi fondamentali dei costituenti. La scuola è un diritto di tutti, oltre che fonte di crescita della formidabile riserva del capitale culturale del Paese. È luogo, come la famiglia, da cui partire per invertire radicalmente i processi degenerativi che deprimono il tenore intellettuale e morale della popolazione. Le arti e le scienze non devono essere condizionate dalle esigenze del mercato.
Tutto quanto fatto dagli ultimi governi, improntati alla logica neoliberista, invece, nulla ha a che fare con lo spirito ed i dettami della nostra Carta Costituzionale (basti pensare alla cancellazione, di fatto, dell’art.3, 2° comma, che ha portato alla cancellazione delle migliori esperienze scolastiche, all’abbassamento della qualità dell’insegnamento, all’umiliazione della classe docente, alla trasformazione della scuola in azienda, alle classi pollaio, alla privatizzazione della scuola pubblica).
L’intento è fin troppo evidente, distruggere le migliori qualità intellettuali italiane, denigrare la scuola pubblica e favorire la privata. Esempi ne abbiamo in tutta Europa, oltre che negli USA e ci fanno inorridire. La preparazione fornita dall’Università è essenzialmente teorica e largamente ispirata a modelli comportamentali e socio-economici di ispirazione anglosassone.
Per queste ragioni, il nostro programma in tema di istruzione si articola come segue:
1. Ridenominazione del Ministero competente in “Ministero della Pubblica Istruzione”;
2. Aumento dei fondi alla scuola pubblica, all’università e alla ricerca, fino al 7% del PIL, per avere un’edilizia scolastica adeguata alla sicurezza ed alle attività culturali e laboratoriali, nonché ai programmi di incentivo agli studenti universitari meritevoli e meno abbienti;
3. Attivazione di strumenti e fondi tesi alla realizzazione della gratuità effettiva della scuola, per lo meno nel periodo dell’obbligo scolastico; libri e materiale scolastico di base gratuito; Abolizione delle tasse scolastiche;
4. Estensione dell’Educazione Civica e dello studio della Costituzione (come previsto dall’ODG dell’11 dicembre 1947 approvato dall’Assemblea Costituente) all’intero ciclo scolastico e anche a quello universitario in particolare sensibilizzando gli studenti a metodi e tecniche di lavoro di gruppo, alle modalità di presa di decisione collettiva e partecipata. Conferire nuova dignità a discipline formative quali filosofia, storia dell’arte e geografia, penalizzate dagli ultimi interventi legislativi, insegnate con la sola logica del risparmio;
5. Inserimento del concetto di “nuova alfabetizzazione” nei programmi scolastici del Ministero della Pubblica Istruzione, prevedendo lo studio delle “materie digitali” (elementi base di informatica, accesso a Internet, uso degli smart phones, etc…) sin dalla IV Elementare;
6. Rendere facoltativa l’alternanza scuola-lavoro, ponendola sotto il controllo dei genitori, e conteggiandola ai fini della valutazione degli esami di Stato;
7. Aumento delle retribuzioni degli insegnanti italiani, oggi pagati con stipendi pari al 60% della media UE. Rielaborazione del corpo docente, soprattutto in ambito universitario, alla luce delle effettive competenze e in contrasto a baronie, lobby di tipo accademico e dogmi scientifico-culturali. Rivisitazione complessiva di concorsi e lotta “sistemica” alla corruzione;
8. Potenziamento dei servizi per l’infanzia, con esaurimento delle liste d’attesa negli asili nido e nelle scuole materne; Sussidi per la natalità attraverso assegni mensili di €500 euro per famiglie con figli fino al compimento del 16° anno di età;
9. Abolizione del numero programmato nei corsi di laurea;
10. Abolizione della Legge 107/2015, propagandata come “La buona scuola” la sua logica di scuola-azienda con un dirigente-padrone, del bonus premiale per pochi docenti che finisce per avvilire la libertà dell’insegnamento, della “chiamata diretta” del personale che finisce per introdurre metodi clientelari anche nell’educazione;
11. Abolizione del sistema dell’autonomia giuridica e finanziaria degli Istituti, che devono essere concepiti come nuclei territoriali di un Sistema Nazionale Pubblico dell’Istruzione, erogato dallo Stato in modo obbligatorio, omogeneo, con standard di qualità uguali su tutto il territorio della Repubblica.

UN NUOVO SENSO CIVICO E PARTECIPATIVO NEI RAPPORTI POLITICI

Il primo vaglio di costituzionalità si fa in Parlamento, in particolare per l’accertamento della coerenza della legge con i principi costituzionali fondamentali. I partiti ed i movimenti hanno costantemente strumentalizzato le regole della democrazia costituzionale per avvantaggiarsene.
Dopo 70 anni dalla sua approvazione, è giunto il momento di dare attuazione alla Costituzione italiana, che prevede principi di democrazia e di partecipazione reale, abolendo tutte le leggi incostituzionali (leggi elettorali, leggi sul finanziamento pubblico dei partiti, legge sulla stampa, legge sulla radiodiffusione, ecc.) che limitano il potere di decidere e di partecipare dei cittadini.
Nel 2017 sono state 1700 le petizioni di cittadini presentate al Senato a norma dell’art. 50 della Costituzione, che sono assegnate tra le 14 Commissioni per l’esame, mediamente una decina al mese. Dare un significato all’Istituto costituzionale vuol dire che i cittadini promotori ricevano risposta in un termine preciso, chiaro e perentorio.
Per questi motivi, riteniamo indispensabile attuare le seguenti iniziative:
1. Obbligo per i partiti o i movimenti politici che intendano partecipare a competizioni elettorali di garantire la trasparenza e la democraticità della propria struttura con l’osservanza di quanto già previsto dagli art. 3 e 4 del D.L. n. 149 del 28 dicembre 2013 convertito, con modificazioni, nella Legge n. 13 del 21 febbraio 2014 (Possesso Statuto che osservi i principi fondamentali della democrazia, Registrazione in apposito Albo nazionale);
2. Possibilità di presentare liste di candidati a tutti i partiti legalmente costituiti senza alcun ulteriore requisito e che, pertanto, l’iscrizione nel Registro nazionale da parte dei Partiti o Movimenti sostituisca, altresì, la richiesta raccolta di firme per la presentazione nelle varie consultazioni elettorali;
3. Introduzione di un meccanismo elettorale che rispecchi la volontà degli elettori, ovvero ripristinare il sistema elettorale proporzionale puro senza sbarramento alcuno se non quello naturale in quanto unica norma rispettosa del principio costituzionale del voto di “eguale” valore, prevedendo, altresì, l’abolizione di qualsiasi forma di premio di maggioranza;
4. Introduzione per la Competente Commissione della Camera adita dalla petizione dei cittadini di un termine perentorio massimo di 90 gg. per l’esame della petizione, la pubblica discussione nell’Aula parlamentare e l’erogazione della risposta completa al cittadino (accolta e inserita all’interno del fascicolo di un Disegno di Legge, presa in considerazione e inviata al Governo, motivatamente archiviata);
5. Modificazione dei regolamenti Parlamentari ed introduzione dell’obbligo di chiamata pubblica degli interessi organizzati (lobbies) nel procedimento di formazione della legge, così da rendere trasparente al corpo elettorale il loro processo di trasformazione in decisione pubblica per l’individuazione della responsabilità nella decisione di ciascuna forza parlamentare. Conseguentemente, varo di una norma costituzionale che consenta il richiamo (recall) dei parlamentari che vìolino il nesso fiduciario con gli elettori.

Venerdì 19 gennaio

 

Firma Day in Campania 
per la Lista del Popolo per la Costituzione
con la presenza di Antonio Ingroia
a Caserta, Napoli e Salerno
_ Caserta
ore 10-12.30 gazebo in Piazza Vanvitelli
_Napoli
 ore 14-16.00 presso Monidee cafè, piazza Trieste e Trento, n.6_ Salerno

ore 17-19 Polo Nautico, Lungomare Colombo, n.143

EVENTI  FACEBOOK

CASERTA
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NAPOLI
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SALERNO
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About the Author

Mi chiamo Antonio Ciccotti ,sono nato a Napoli in un caldo mese di Luglio, una città unica,che non ha bisogno di presentazioni. Partecipazione,attivismo,informazione ,libertà di espressione.sono le cose che più mi interessano.



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